Ipoglicemizzanti orali (seconda parte)

Continuiamo la nostra trattazione dei farmaci impiegati nella terapia antidiabetica: gli ipoglicemizzanti orali.

Nel post precedente abbiamo descritto quelli che vengono considerati i farmaci di prima scelta nel trattamento del diabete di Tipo 2: Sulfaniluree e Biguanidi. Proseguiamo con altri ipoglicemizzanti orali “di seconda scelta”, usati in caso di controllo glicemico non adeguato.


ipoglicemizzanti

Inibitori dell’α-glucosidasi

Questo gruppo di farmaci, il cui principale rappresentante è l’Acarbose, si caratterizza per la particolarità d’azione, che si esplica a livello intestinale riducendo l’assorbimento di glucosio. In che modo?

Tutti i cibi, in particolare i farinacei, quindi la pasta, il pane, le patate e tutti i derivati dei cereali, contengono carboidrati o zuccheri complessi (come amido, destrina, disaccaridi), che consistono in medie o lunghe catene di zuccheri semplici (glucosio).

Per essere assorbiti dall’intestino, però, questi carboidrati devono essere frazionati nelle loro unità base costitutive, cioè in molecole di glucosio, e questo avviene grazie all’azione di perticolari enzimi, le α-glicosidasi, che hanno il compito di rendere digeribili gli zuccheri complessi.

carboidrati

Gli inibitori di questi enzimi mirano, quindi, a ridurre il frazionamento ed il successivo assorbimento degli zuccheri assunti con l’alimentazione.

Per questo motivo l’Acarbose non è un vero e proprio farmaco ipoglicemizzante, poichè non è in grado di abbassare la glicemia sotto i limiti normali, anche a dosi massicce; queste sostanze sono più dei modulatori dei rialzi glicemici che si verificano in concomitanza con l’assunzione di cibo: il picco postprandiale di glucosio plasmatico viene appiattito sia negli individui normali che nei diabetici.

Come le sulfoniluree queste sostanze vanno assunte prima dei pasti.

Il principale effetto indesiderato legato all’uso di Acarbose è la formazione di gas (flatulenza) che disturba, ovviamente, il paziente e che in alcuni casi costituisce un deterrente all’uso di queste sostanze. In genere, tuttavia, questo effetto collaterale tende a diminuire con il tempo.

Tiazolidinedioni

I Tiazolidinedioni (TZD), detti anche Glitazoni, riducono le resistenze periferiche all’insulina e producono un abbassamento della glicemia. Questi farmaci stimolano, cioè,  la captazione del glucosio da parte delle cellule dei tessuti muscolare e adiposo (in pratica favoriscono l’ingresso nella cellula e il successivo utilizzo di glucosio plasmatico).

glucosio trasporto

L’uso di Rosiglitazone e di Pioglitazone (due molecole attualmente in commercio), andrebbe evitato in pazienti con scompenso cardiaco o storia di scompenso cardiaco , la cui incidenza aumenta se questi farmaci sono usati in associazione all’insulina.

Il Rosiglitazone non va usato nei pazienti con sindrome coronarica acuta, soprattutto se impiegato insieme all’insulina, poichè il suo utilizzo si associa ad un modesto aumento del rischio di ischemia cardiaca. E’ stato inoltre osservato un aumento significativo di fratture del piede, della mano e del braccio in pazienti trattate con Rosiglitazone.

Meglitinidi

La Repaglinide agisce stimolando il rilascio di insulina da parte delle cellule beta del pancreas. Differisce dalle Sulfaniluree (che hanno meccanismo d’azione simile) per la durata d’azione, che è molto breve  e per questo va somministrata subito prima dei pasti.

La diminuzione di sensibilità, e quindi di efficacia, nei soggetti con diabete mellito di Tipo 2 all’azione ipoglicemizzante dei farmaci antidiabetici in commercio (come per le Sulfaniluree), ha creato la necessità di nuove alternative terapeutiche in grado di garantire un controllo glicemico più duraturo.

La ricerca si è orientata verso lo studio degli ormoni che vengono secreti (rilasciati) a livello gastrointestinale in seguito al consumo di cibo e in grado di influenzare la secrezione pancreatica di insulina.

incretine

Si tratta di sostanze dette Incretine, fra cui il GLP-1 (Glucagon-Like Peptide 1) di rilevante importanza per il controllo glicemico, in quanto potenzia la secrezione (rilascio in circolo) insulinica glucosio-dipendente.

Nei soggetti con diabete di Tipo 2 vi è una ridotta secrezione di GLP-1: l’obiettivo è quello di reintegrare questa carenza!

Tuttavia, poiché il GLP-1 viene degradato molto rapidamente dall’enzima plasmatico DPP-4 (Dipeptidil Peptidasi-4) sono state sviluppate (Liraglutide) e isolate (Exenatide) molecole simili al GLP-1, ma resistenti all’azione del DPP-4, e molecole in grado di inibire l’enzima stesso, Inibitori DPP-4 (Sitagliptina).

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