Anticoagulanti: perché è importante mantenere il sangue fluido?

La maggior parte di noi conosce ormai da tempo l’efficacia antidolorifica dell’aspirina ma, forse, non tutti sanno che il suo maggiore impiego in terapia deriva dall’azione antiaggregante che esercita sulle piastrine.

E non è di certo l’unico farmaco utilizzato allo scopo di mantenere fluido il sangue all’interno dei vasi! Vediamo perché!

Emostasi

emostasi 1

Il nostro organismo è in grado di mettere in atto meccanismi piuttosto complessi allo scopo di far rimanere il sangue fluido all’interno del sistema vascolare (arterie e vene), e di farlo coagulare rapidamente se esposto a superfici non-endoteliali (non rivestite da endotelio, un sottile strato di cellule che pavimenta il lume interno dei vasi), come per esempio si verifica in seguito a lesione vascolare (la classica ferita che sanguina).

Quest’ultimo processo, che prende il nome di emostasi, permette la cessazione della fuoriuscita di sangue da un vaso danneggiato:

  • In corrispondenza della zona di rottura del vaso, le piastrine circolanti aderiscono prima a macromolecole nelle regioni sub-endoteliali del vaso leso, e poi si aggregano a formare il tappo emostatico primario;
  • Successivamente le piastrine stimolano l’attivazione locale dei fattori plasmatici della coagulazione, determinando la formazione di un coagulo di fibrina che rinforza il primo aggregato piastrinico;
  • Quando poi si verifica la guarigione della ferita, l’aggregato piastrinico e il coagulo di fibrina vengono degradati, attraverso l’attivazione di un sistema di fibrinolisi che ripristina la fluidità del sangue.

emostasi 2Se il meccanismo emostatico rappresenta una garanzia per l’integrità dei nostri vasi sanguigni, perché esistono farmaci che bloccano questo processo? A quale scopo viene impiegata la terapia anticoagulante?

Trombosi

trombosi venosa

Lo scopo principale degli anticoagulanti è quello di prevenire la formazione di trombi intravasali, ovvero aggregati solidi (coaguli) formati da una rete di piastrine, fibrina ed eritrociti (globuli rossi) che possono occludere un vaso sanguigno.

La trombosi è un processo patologico che può interessare sia le arterie che le vene.

La trombosi arteriosa può provocare necrosi (morte) ischemica del tessuto irrorato dall’arteria (per esempio, infarto miocardico da trombosi di un’arteria coronarica); la trombosi venosa può causare edema e infiammazione dei tessuti drenati dalla vena. La trombosi di una vena profonda può essere complicata da embolia polmonare.

Si definisce embolo la parte del trombo che si stacca e arriva al cuore, ai polmoni o in altre parti del sistema vascolare, dove, attraverso l’ostruzione vasale, può provocare gravi danno d’organo (per es. embolia polmonare).

Esempi Terapeutici

trombosi venosa

La formazione dei trombi in genere non avviene in presenza di un flusso ematico rapido, com’è quello arterioso, mentre è favorita dal rallentamento del flusso, come nel sistema venoso. Pertanto i farmaci antitrombotici vengono impiegati principalmente nel trattamento di malattie tromboemboliche venose, come la trombosi venosa profonda (DVT), le cui complicanze possono esitare nella morte del paziente.

Tuttavia il loro impiego terapeutico è esteso anche al trattamento di pazienti con anamnesi di infarto, ictus, attacco ischemico transitorio o angina instabile (prevenzione secondaria della tromboembolia arteriosa), in interventi di bypass con vena safena, in caso di protesi valvolari cardiache, valvulopatie cardiache, vasculopatie cerebrali.

Terapia Antitrombotica

I farmaci antitrombotici (che andremo a descrivere nei prossimi articoli), hanno meccanismi d’azione molto diversi ma mirano tutti ad ottenere lo stesso risultato, e cioè regolare la fluidità del sangue modificando il complesso equilibrio tra reazioni pro-coagulanti e anticoagulanti:

  1. gli antiaggreganti piastrinici, specialmente l’aspirina;
  2. gli anticoagulanti cumarinici, che bloccano molteplici tappe della cascata coagulativa;
  3. l’eparina e i suoi derivati, che stimolano gli inibitori naturali delle proteasi coagulanti (enzimi che intervengono nella formazione del coagulo);
  4. i fibrinolitici, che lisano (degradano) i trombi patologici.

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